Viaggio di ritorno

in theneverendingcontest •  4 years ago  (edited)

Questo racconto è stato scritto per partecipare a The Neverending Contest n° 102 S2-P1-I3 di @storychain sulla base delle indicazioni di @jadams2k18

Tema: Vampiro
Ambientazione: Treno


CC0 Public domain

Viaggio di ritorno

Pochi minuti prima che iniziasse l’ennesimo scroscio di pioggia, Oriana salì sul treno per tornare a casa dalla sua famiglia, dove avrebbe trascorso il fine settimana di Ognissanti. Salendo sul vagone per cercare il posto a lei assegnato si accorse che quel viaggio sarebbe stato molto lungo: la carrozza, infatti, era stranamente gremita di bambini schiamazzanti, in gran parte vestiti in maschera, che le mamme riportavano a casa dopo essere stati probabilmente a una festa di Halloween in città. I bambini non le piacevano affatto: non facevano che frignare, fare i capricci e avere bisogno di qualcosa. Strepitavano, disturbavano, saltellavano di qua e di là senza curarsi di chi o cosa calpestavano e nessuno sembrava curarsene, i genitori per primi, che li lasciavano fare tutto quanto volessero. In effetti i genitori dei bambini erano la causa di tutto quel chiasso fastidioso, dato che anziché tenerli a bada applaudivano il loro comportamento senza mai bloccarli o insegnar loro un po’ di educazione. Mentre si perdeva dietro questi pensieri, Oriana prese posto accanto al finestrino, mise subito alle orecchie le sue cuffie e cercò di coprire le voci dei marmocchi aumentando al massimo il volume della musica e concentrandosi sulle gocce di pioggia che danzavano sul vetro in rigagnoli e poi in fiumiciattoli prima di disperdersi giù, lungo la fiancata del treno. Era ancora pomeriggio ma sembrava già notte fonda, tanto il cielo era cupo, e solo i fulmini e i lampi rischiaravano fin dal mattino quella tormentata giornata autunnale. Dopo qualche minuto Oriana venne distratta da una mano che si agitava davanti ai suoi occhi: la musica non era riuscita a coprire i rumori dei bambini ma le aveva impedito di sentire la voce di un ragazzo dal sorriso gentile che le chiedeva se potesse sedersi accanto a lei. Tolte le cuffie per parlargli, Oriana rispose “Certo, fa pure” scostando rapida lo zaino dal sedile accanto a lei. “Ti ringrazio. Il mio posto era poco più avanti, in realtà, ma è stato occupato da quattro bambini che giocano fra di loro e non volevo disturbarli. Non ti dispiace se mi siedo qui? A proposito, io sono Oscar, e tu?”. Oriana non era per nulla contenta: non solo i bambini schiamazzanti, ma le era toccato anche un vicino chiacchierone! Conosceva il tipo: iniziavano a parlare e non la smettevano per tutto il viaggio, facendoti arrivare a destinazione ubriaco di ciarle e con la voglia di buttarti fra i binari del treno. Meglio troncare subito la conversazione: “Sono Oriana”, rispose, “e ti auguro buon viaggio.”, concluse con un tono che non ammetteva repliche e riposizionando le cuffie alle orecchie. Oscar capì al volo, e annuendo con un sorriso prese posto senza tentare di aprir bocca di nuovo con la scontrosa ragazza.

Le parole sferzanti di Oriana, però, pronunciate con più enfasi di quanto lei stessa avrebbe voluto, iniziarono a risuonare nelle orecchie della ragazza accompagnate dalla vocina della sua coscienza che le rimproverava di essere stata così dura. Con la coda dell’occhio iniziò ad osservare Oscar: anche lui aveva iniziato ad ascoltare musica coi suoi auricolari, ma lo sguardo del ragazzo osservava attento ciò che avveniva nel vagone saltando da una scena all’altra. Alto, longilineo, aveva il viso dai tratti delicati, la pelle chiara e i capelli scuri. Emanava serenità, e un buon odore di pulito. Oriana iniziò anche lei a guardare cosa avveniva nel vagone, seguendo lo sguardo di Oscar. La pioggia, fuori, si era fatta più intensa e i tuoni più forti, mentre il vento ululava agitando le fronde degli alberi che costeggiavano la ferrovia. Alcuni bambini, anche quelli che prima giocavano tranquilli o riposavano in braccio ai genitori, avevano iniziato ad essere irrequieti o a piangere, impauriti dal temporale e dal vento, e questo sembrava preoccupare Oscar, il cui viso si era fatto pensieroso. Oriana lo stava ormai fissando apertamente, incuriosita da cosa potesse pensare in quel momento, quando il ragazzo incrociò il suo sguardo e le sorrise. Colta in flagrante, Oriana si girò di scatto, diventando paonazza. “Scusa, non volevo fissarti” disse, “specialmente dopo averti risposto in maniera sgarbata.”. “Fa niente, tranquilla” rispose Oscar, “sono un chiacchierone, me lo sono meritato”. “Ma che dici? Non avrei dovuto… ti chiedo scusa”. Oscar era tornato a guardare i bambini che piangevano impauriti, ormai la maggior parte di loro. “Il pianto è contagioso, sai?” esordì senza smettere di guardarsi attorno, “Mi innervosisce sentir piangere i bambini”. “Davvero? Anche a me!” gli rispose Oriana credendo di aver trovato un punto in comune col compagno di viaggio. “E’ per questo che dobbiamo farli smettere!”. Concluse Oscar alzandosi in piedi e prendendo dalla cappelliera il suo bagaglio. “Si, infatti! E’ per questo che… Come scusa?!” Oriana rimase smarrita nel bel mezzo della frase, non capendo bene cosa Oscar intendesse. “Ora vedrai” rispose.

Tirò fuori dal borsone un lungo mantello nero foderato di rosso, denti finti, trucco e gel per capelli, trasformandosi in un attimo in un feroce vampiro. Certo, forse “feroce” non è la giusta definizione, dato che in pochi istanti catalizzò l’attenzione di tutti i presenti ma senza provocare il terrore nei più piccoli, quanto piuttosto l’ilarità e la curiosità per quel che stava succedendo. “Bene, bene!” esordì facendo delle facce buffe, mentre camminava lungo il corridoio della carrozza assumendo strane pose, ora con le mani ad artiglio, ora coprendo parte del volto col mantello: “sembra che ci sia una notte perfetta per festeggiare questa serata di Halloween! Ah ah ah! E cos’abbiamo qui? Tanti bei bambini succulenti da mordere! Ne farò una scorpacciata!”. Nonostante le sue parole avrebbero dotuto spaventare a morte quei bambini, venivano accompagnate da pose ed espressioni così divertenti che i piccoli presenti iniziarono ad affacciarsi dai sedili o andargli vicino nel corridoio per guardare meglio quello strano vampiro comparso dal nulla. “Ahm, ti mangio!” Diceva a un bambino passando la lingua sulle labbra con un sibilo. E quello, anziché terrorizzarsi, rideva. “Oppure assaggerò te per prima, piccola principessina?” chiedeva rivolgendosi a un’altra bimbetta. “Ma prima di fare uno spuntino, ho una storia da raccontare. Chi vuole sentirla?”. Un coro di “IO, IO, IO!!!” Accolse la sua proposta, così Oscar, vedendo che aveva ormai catturato l’attenzione non solo dei bambini presenti, ma anche degli adulti, continuò con la sua messa in scena “Era una notte buia e tempestosa di molti secoli fa, quando ancora non esisteva la luce elettrica e ci si scaldava solo con le fiamme dei camini. C’era una vecchia casetta di legno che sorgeva vicina ad un castello abitato da principi e principesse…”.

Davanti agli occhi affascinati di Oriana, Oscar srotolò una vera e propria rappresentazione teatrale. Uno dopo l’altro i personaggi di cui parlava, imitandone la voce e le movenze, prendevano vita in quello stretto corridoio del treno, catturando gli sguardi di tutti i presenti. I bambini, affascinati da quell’improvviso intrattenimento, dimenticarono completamente il temporale e ormai eccitati dal racconto diventarono parte integrante della storia stessa, che man mano si faceva interattiva e integrava a richiesta robot, dinosauri, fate e rock star.

Un viaggio che sembrava infinito durò un battito di ciglia, Oscar ci sapeva davvero fare e i genitori dei bambini gli furono talmente grati da tentare addirittura di pagarlo. In effetti Oscar arrotondava così per pagarsi gli studi universitari, ma non lo faceva solo per guadagnare: lo faceva perché gli piaceva davvero e quel pomeriggio si era divertito più lui che i bambini. Allora i genitori iniziarono a chiedere al ragazzo il suo recapito, così da chiamarlo per l’intrattenimento alle feste dei loro figli, e quella performance si trasformò in un ottimo investimento pubblicitario. Tornato al suo posto per prepararsi a scendere alla fermata ormai prossima, trovò Oriana sorridente “Che bravo che sei, mi sono divertita moltissimo!” le disse, “Non esagerare… L’ho fatto per me stesso: te l’ho detto che non mi piacciono i bambini che piangono!” si schernì. “E poi in molti mi richiameranno: è tutta pubblicità per la mia piccola attività. Tu lo vuoi il mio numero?” le disse facendo l’occhiolino. “Non ho bambini a cui fare feste con animazione, mi spiace!” rispose Oriana, che non aveva capito. “Comunque sono contento di averti divertita, hai un bel sorriso. Facciamo così, perché non mi dai tu il tuo numero?”, chiarì Oscar, gasato dal successo ottenuto coi bambini. Oriana rise, allegra, apprezzando la sua audacia: “Va bene, eccotelo. Ma con me non basterà mettere streghe e fantasmi nelle tue storie: dovrai inventarti di meglio!” lo sfidò. “Saprò sorprenderti” promise il vampiro ancora avvolto nel mantello con fare misterioso mentre si avviava verso l’uscita per scendere alla sua fermata.

Authors get paid when people like you upvote their post.
If you enjoyed what you read here, create your account today and start earning FREE BLURT!
Sort Order:  
  ·  4 years ago  ·  

No hablo Italiano y apenas comienzo con el Inglés. Pero me encantó tu historia. Me atrapó en las primeras líneas! Excelente

////

I don't speak Italian and I'm just starting with English. But I loved your story. It caught me on the first lines! Excellent.

////

Non parlo italiano e ho appena iniziato con l'inglese. Ma mi è piaciuta molto la tua storia. Mi ha catturato nelle prime battute! Eccellente