La leggenda del Cane Misterioso

in theneverendingcontest •  4 years ago 

Questo racconto è stato scritto per partecipare a The Neverending Contest n° 112 S2-P3-I3 di @storychain sulla base delle indicazioni di @clifth

Tema: Cavallo
Ambientazione: Prateria


CC 3.0 with this attribution: Karakal, CC BY-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/, via Wikimedia Commons

La leggenda del Cane Misterioso

Come concordato, alle 5 in punto la baby-sitter suonò alla porta. La signora McKenzie andò ad aprirle salutandola con un sorriso cordiale: <<Buonasera Isi, ti stanno già aspettando di sopra>>. <<Buonasera signora,>> ricambiò lei con lo stesso sorriso, <<sono tutta loro. Fino a che ora oggi?>> chiese <<Pensavo di approfittare di questo bel pomeriggio per andare al parco, se lei è d’accordo.>>.
<<Una splendida idea, i bambini ne saranno entusiasti. Io devo uscire per delle commissioni, ma sarò di ritorno entro le sette. Vi aspetto fra le sette e le sette e trenta per la cena.>> Rispose la signora, già vestita per andar via.

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<<Isi! Isi!>> gridavano i bambini correndole incontro. Anche il loro dalmata sembrava molto felice di vederla, scodinzolava a più non posso e le saltellava attorno. <<Buoni, buoni bambini. Anch’io sono felice di rivedervi! Che ne dite di una bella passeggiata al parco con Macchia?>>. Non aveva ancora finito di parlare che urla di gioia piene di infantile entusiasmo coprirono la sua voce. In men che non si dica Jhon, David e Macchia si fecero infilare i leggeri soprabitini (o il collare) e si diressero alla volta del grande parco della città. Isi amava condurli all’aria aperta per poter godere del sole e della natura lei stessa. Inoltre era una baby-sitter davvero speciale, perché nonostante i bambini fossero ancora piuttosto piccoli (sette e cinque anni) e molto vivaci, riusciva a inventare giochi sempre nuovi e coinvolgenti che assorbivano totalmente la loro attenzione. La signora McKenzie sapeva che quando i figli passavano il pomeriggio con Isi si sarebbero immancabilmente divertiti, certo, ma soprattutto sarebbero tornati molto stanchi e si sarebbero addormentati profondamente non più tardi delle nove. Questo avrebbe lasciato a lei e suo marito la rara possibilità di cenare insieme e trascorrere un paio d’ore da soli, in una casa insolitamente silenziosa e quieta.

Arrivati al parco tenendo Isi per mano (o al guinzaglio), Macchia e i bambini iniziarono a correre intorno alle aiuole, inseguendo ora una farfalla ora le bolle di sapone di un artista di strada. Camminarono per un po’ senza alcuna meta, addentrandosi nel parco. La natura si schiudeva sotto i tiepidi raggi della primavera e gli alberi si rivestivano di gemme profumando l’aria di colori brillanti.
<<Isi! Isi! Giochiamo Isi!>> strillò a un tratto David, il più piccolo e vivace dei due fratellini. <<Bau! Bau!>> approvò Macchia che alla parola “giocare” drizzava sempre le orecchie e scodinzolava frustando l’aria felice. <<No! No! Isi, non dare ascolto a questi due e raccontaci una storia! Raccontaci ancora degli indiani!>> piagnucolò Jhon, affascinato dalle origini pellirossa della ragazza.

Isi sorrise per il battibecco dei due fratellini. <<E se facessimo entrambe le cose?>> propose. Senza attendere risposta si sedette a gambe incrociate sotto un albero al centro di un’ampia radura erbosa e assunse un’aria concentrata. I fratellini, completamente ammaliati dalla loro bambinaia, la imitarono dimenticando all’istante la propria stessa richiesta di un attimo prima, certi che Isi li avrebbe accontentati. <<Vi racconterò la storia di come i miei antenati fecero amicizia con uno strano animale, un animale che non avevano mai visto prima dell’arrivo degli europei perché tanto tempo fa questo animale non esisteva affatto in America. Essi lo chiamarono “cane misterioso”>>. <<Bau! Bau!>> si intromise il dalmata. <<Esatto Macchia! Un’ottima osservazione!>> confermò Isi accarezzando la testa maculata dell’animale. <<Cane misterioso non era affatto un cane: alto, muscoloso, aveva una lunga criniera simile alla chioma delle fanciulle e la sua coda era fatta di lunghi fili uguali alla criniera. Avete capito cos’era il cane misterioso?!>> Chiese Isi ai bambini << Il cavalloooooo>> risposero quasi in coro Jhon e David. <<Bravissimi! I miei antenati non ne avevano mai visti, ma ben presto impararono ad amarli e ad usarli per la guerra e per la caccia al bisonte. Salivano in groppa ai loro cavalli e... hop! Inseguivano mandrie e mandrie di enormi bisonti, li cacciavano e poi li riportavano ai loro accampamenti. Altre volte salivano sui cavalli per difendere le donne e i bambini dai nemici di altre tribù e mentre erano al galoppo scagliavano le loro frecce con mira letale: swish! Swish! Ogni tiro andava infallibilmente a segno e la tribù era salva! I cacciatori e i guerrieri più valorosi venivano festeggiati al loro ritorno con danze e canti che potevano durare anche molti giorni.>>. Mentre Isi raccontava, accompagnava le proprie parole mimando a gesti la narrazione in maniera così realistica che quello che diceva sembrava materializzarsi davanti agli occhi dei bambini. Continuò a raccontare le gesta dei pellirossa nelle praterie americane ancora per una mezz’ora. <<Sapete una cosa?>> disse ad un tratto <<Esiste un cavallo che ha lo stesso mantello dei dalmata! Capito Macchia? Ci sono cavalli che sembrano davvero grandi cani misteriosi! Si chiamano Appaloosa, ecco, ve li mostro>> disse tirando fuori lo smartphone dai pantaloni e cercandone un’immagine. Di solito non lo usava quasi mai quando era coi bambini, perché temeva di distrarsi quell’attimo di troppo e perderli di vista, ma mostrare loro un cavallo bianco maculato come un dalmata le sembrò una deroga ragionevole alla ferrea regola che si era data.
<<Wow, sembra proprio Macchia!>> disse Jhon sgranando gli occhi. <<Macchia, Macchia, hai visto!>> strillava entusiasta David stringendo il cane, alto quanto lui, con un braccino attorno al suo collo. <<Anche tu sei un cane misterioso! Andiamo a caccia di bisonti!>> Disse salendo in groppa al dalmata che abbaiava festoso, eccitato dalle grida di gioia dei suoi piccoli amici-padroncini. David portò ritmicamente una mano alla bocca mentre emetteva un suono acuto per imitare il verso di battaglia degli indiani e iniziò a scorrazzare cavalcando il cagnolone come fosse un cavallo. Macchia si prestava al gioco mentre veniva trattenuto dal guinzaglio allungabile ben saldo fra le mani di Isi, che incitava i bambini a giocare con la fantasia. <<Forza, diamo la caccia ai bisonti!>> diceva correndo anche lei insieme ai bambini e al cane nella radura del parco, che si era trasformata per loro in una sterminata prateria. <<Eccone uno, David! Anzi, Aquila Selvaggia! Laggiù, lo vedi?! Catturiamolo!>> gli disse dirigendosi verso Jhon, che nel frattempo si prestava al gioco piegandosi in avanti e, portando le mani con gli indici alzati accanto alla testa a mo’ di corna, li caricava fingendosi bisonte e scontrandosi con Isi. Lei lo acchiappava al volo durante la sua corsa, lo sollevava al di sopra della sua testa, gli faceva fare una piroetta in aria e lo rimetteva giù. <<Eccolo! Catturato un piccolo bisonte! Coraggio Aquila selvaggia, scaglia le tue frecce mentre cavalchi Cane Misterioso! Bravo così! Vedrai che festa ti faranno stasera quando torneremo alla nostra tribù con la preda!>> diceva mentre David mimava il gesto di tendere l’arco e scoccare le frecce come aveva visto fare a Isi poco prima. <<Anche io voglio volare, Isi!>> le disse il bambino scendendo dalla groppa di Macchia e tendendole le braccine per essere preso in braccio. <<Ma certo, piccolino! Ecco in arrivo un altro bisonte per la nostra tribù!>> diceva lei ridendo e facendo piroettare anche David come aveva fatto poco prima con Jhon.

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Il tempo era volato in un lampo per i due fratellini, che scorrazzando nelle praterie del parco in groppa al loro fedele Cane Misterioso avevano appena vissuto le più belle avventure che un bambino possa immaginare. Non erano ancora terminati i loro giochi che giunse il momento del ritorno a casa. Quando la mamma chiese loro se si erano divertiti e cosa avessero fatto, le risposero che avevano dato la caccia ai bufali nelle praterie in sella a un cavallo Appaloosa. Jhon, che esprimeva la sua gioia disegnando, decise di fare anche un bel disegno per papà che tornava da lavoro. Quando glielo mostrò, il padre orgoglioso appese sul frigo quel capolavoro nel quale due coraggiosi piccoli indiani in groppa ai loro cavalli bianchi a chiazze nere molto simili a un dalmata lanciavano frecce ad una mandria di bisonti.

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