Questo racconto è stato scritto per partecipare a The Neverending Contest n° 123 S3-P5-I3 di @storychain sulla base delle indicazioni di @kork75
Tema: Guerra
Ambientazione: Montagna
La battaglia di Troina
«[…] una vecchia con aria spettrale che era distesa tra calcinacci e travi di legno spaccate […] tendeva le mani verso di noi, fissandoci con occhi che non vedevano, e i suoi lamenti erano simili al fruscio del vento tra i pini.[…]».
(Testimonianza di un soldato americano dopo la battaglia di Troina.)
Il momento tanto atteso era finalmente arrivato e la notte di Natale del 2005 Silvestro poté finalmente scartare il regalo atteso con trepidazione per tutti quei mesi. Strappò la carta con foga, esclamando felice innumerevoli “SIII!” di approvazione; diede un bacio ai suoi genitori per ringraziarli e dare loro la buona notte e si chiuse in camera. Impaziente, accese la sua Xbox, aprì la confezione ed estrasse il cd argentato dai riflessi arcobaleno, maneggiandolo con sacro rispetto. Se Call of Duty1 era stato una vera bomba che lo aveva assorbito completamente, Call of Duty 2 –Big Red One si sarebbe dimostrato senza dubbio all’altezza delle sue aspettative, forse anche di più.
Mentre il gioco si avviava, il ragazzo sorrideva felice pensando alle numerose ore che durante quelle vacanze di Natale avrebbe potuto trascorrere incollato al suo joystick e immerso nelle memorabili battaglie della Seconda Guerra Mondiale.
<<Ciao nonno! Buon Capodanno! Ciao nonna! Tanti auguri!>>; Silvestro era felice di poter trascorrere quella giornata di festa con la sua grande famiglia: avrebbe rivisto gli zii, i suoi cugini e le sue cugine; avrebbero mangiato insieme e festeggiato e giocato a carte per tutto il resto della giornata. Poi la nonna avrebbe deciso che era ora di ripulire il frigo dagli avanzi del pranzo e avrebbe apparecchiato di nuovo la tavola e quindi avrebbero continuato a giocare ancora fino a tarda sera. Loro erano fatti così: una famiglia di Siciliani emigrati in Piemonte negli anni ’50 per lavorare, ma con le radici ben impresse nella loro storia e di esse due rami immancabili erano il cibo e la famiglia. Papà aveva tre fratelli e tre sorelle e nel giorno di Capodanno i nonni per tradizione li riunivano tutti, con famiglie e figli al seguito: in tutto venticinque persone dai 3 mesi ai 79 anni.
Mentre Silvestro chiacchierava coi suoi cugini, l’argomento cadde sul nuovo Call of Duty, che in quel momento era anche la passione dei suoi coetanei: <<Hei nonno! Lo sai che nel nostro nuovo videogioco hanno inserito anche “La battaglia di Troina”? Tu te ne ricordi?>> chiesero al nonno i nipoti, incuriositi.
<<Certo che me ne ricordo…sapete, furono momenti terribili, quelli. Era l’inizio di agosto del 1943, io ero giovane, avevo solo 17 anni, ma a quell’età un tempo si era già uomini. E infatti poco dopo conobbi la nonna e ci sposammo appena finì la guerra.>>
<<Nel videogioco noi siamo l’esercito americano e dobbiamo conquistare Troina e scacciare i tedeschi.>> proseguì un altro nipote, anche lui di nome Silvestro e anche lui accanito giocatore di Call of Duty. <<E’ una vera fortuna che siano arrivati loro a liberarvi, non è vero?>>
Un sorriso amaro increspò le labbra al nonno Silvestro, mentre un velo di tristezza calava sul suo sguardo ancora acceso e penetrante nonostante gli anni. <<Mio caro nipote, la guerra rende tutti colpevoli. Non ci sono fortune, solo disgrazie. Mentre gli americani avanzavano, si lasciavano alle spalle la stessa desolante devastazione compiuta dai tedeschi. Ricordo che bombardarono il nostro piccolo e antico paese per molti giorni, radendo al suolo il cuore delle nostre vite e delle nostre case faticosamente costruite in cima a quella montagna aspra e difficile da raggiungere. La sua posizione era strategica e lo rendeva un posto isolato e quasi inespugnabile: da lassù un pugno di tedeschi resistettero a lungo, più a lungo del previsto, contrattaccando di continuo per la posizione privilegiata di cui godevano dalla cima della montagna. Gli americani non riuscivano a salire, respinti dall’esercito tedesco, e così continuavano a sganciare bombe e mine su tutti noi. Ricordo che il paese si era spopolato e tutti quelli che potevano erano fuggiti nelle campagne in cerca di riparo. Era estate, faceva caldo, ma non sentivamo né odore di fieno né di zagara o gelsomino. C’era solo odore di morte e polvere da sparo. Forse voi non lo sapete, ma io avevo un fratello, zio Luigino, che si trovò nel posto sbagliato al momento sbagliato: gli cadde una bomba a breve distanza e quando tornò a casa sembrava illeso ma non era più lo stesso. Morì pochi giorni dopo, in seguito a una brutta febbre. Forse fu la paura, forse la bomba lo aveva ferito internamente. La vostra bisnonna, mia madre, lo pianse finché visse e apparecchiava sempre la tavola anche per lui, nonostante avesse altri cinque figli a cui badare.>>.
Mentre il nonno raccontava, i suoi occhi scuri e intensi si inumidivano nel rammentare quegli antichi ricordi, che tuttavia sembravano vividi e presenti davanti a lui. L’attenzione dei nipoti aveva scavato dentro la sua memoria riportando a galla eventi di oltre sessant’anni prima. Nel frattempo, attirati dalle storie di nonno Silvestro, quasi tutti i membri della famiglia avevano messo da parte i discorsi individuali e sciolto i gruppetti che si erano formati dopo pranzo per radunarsi attorno all’anziano capostipite e ascoltarne i racconti. La piccola Silvia, di soli quattro anni, pur senza capire pienamente l’argomento, vedendo il nonno triste era andata accanto a lui e gli aveva teso le braccine per essere presa in braccio dicendogli: <<Non piangere, nonno, ci sono qui io!>>. Mentre pronunciava queste parole tutti quanti, già commossi per la storia appena sentita, si erano inteneriti e avevano gli occhi lucidi. Finito di rassettare in cucina con le figlie e le nuore, intanto, anche la nonna Mariacarmela li aveva raggiunti nel salone, ma l’atmosfera lugubre che era calata fra loro non le era piaciuta per nulla.
<<Silvestro! E’ Capodanno! Non fare rattristare i ragazzi!>> Lo aveva sgridato asciugandosi le mani sul grembiule e prendendo in braccio la piccola Silvia.
<<Nonna, ma tu c’eri quando c’è stata la battaglia? Che cosa ti ricordi?>> chiese quindi una nipote adolescente sua omonima, molto interessata a sentire un’altra versione di quella storia.
<<Certo che c’ero. Avevo circa la tua età, 13 o 14 anni>> si mise quindi a raccontare, <<Era un’estate afosa e l’aria era densa di disperazione. Io e la mia famiglia non avevamo una campagna in cui scappare e ci nascondevamo in paese come potevamo. Ricordo bene i bombardamenti degli americani, il fischio e poi lo scoppio delle bombe, subito seguito dal boato delle mura di case e strade che crollavano. Fra un attacco e l’altro i tedeschi passavano al setaccio tutta la zona alla ricerca di cibo e ristoro, ci costringevano a cucinare per loro anche se non avevamo niente, ci picchiavano o peggio e portavano via qualsiasi cosa di valore trovassero. La montagna li proteggeva e rendeva il paese quasi inespugnabile, quindi passarono molti giorni d’inferno prima che abbandonassero il paese al suo destino fuggendo via. Ricordo che quel giorno sentimmo nella notte un grande frastuono, gridavano fra loro concitati e correvano di qua e di la; io e le mie sorelle, terrorizzate, ci stringevamo fra noi per farci coraggio, sedute nel misero pagliericcio dove con la mia famiglia ci nascondevamo dagli assalti dell’uno e dell’altro schieramento. Avevamo tanta paura, spesso piangevamo, dormivamo a singhiozzo. Poi ci fu improvvisamente silenzio, un silenzio surreale. Arrivò l’alba, ma i tedeschi non vennero a pretendere la colazione, anzi sembrava non ci fossero più affatto. Mio padre, mezz’ora dopo lo spuntar del sole, uscì in strada per capire cosa stesse succedendo: dei tedeschi non c’era più traccia. Ricordo che avevamo ancora tanta paura, perché si avvicinava l’ora in cui gli americani ci bombardavano. Allora mio padre e alcuni uomini del paese si consultarono fra loro e decisero di rischiare la propria vita e andare incontro agli americani con uno straccio bianco e le braccia alzate in segno di resa. Quelli avrebbero potuto fucilarli in un istante, credendoli traditori o pensando a un trucco dei tedeschi per far cadere gli americani in trappola, ma dovevano rischiare perché un nuovo bombardamento si avvicinava e la gente continuava a morire. Quando gli americani li videro e capirono, gli attacchi aerei cessarono e pian piano iniziammo a venire fuori dai nostri nascondigli. Eravamo rimasti in pochi, tutti pelle e ossa, sporchi e ricoperti di stracci. Ricordo che le strade del paese erano ricoperte di macerie e sembravano infestate dai nostri fantasmi che si aggiravano lenti e vacui alla ricerca di persone care morte o ferite da seppellire o da aiutare. I soldati americani, una volta conquistata la cima della montagna e il paese, cercarono di aiutarci come poterono, ma la devastazione era inimmaginabile. Sapete che esistono molte foto proprio di quel momento? Un importante fotografo, Roberto Capa mi pare, se ne stava accoccolato assieme agli americani lungo le pendici della montagna, fra i costoni e le trincee, seguendo l’assedio direttamente dalla prima linea e documentandolo. Scattò un sacco di foto di Troina e dell’arrivo degli americani, alcune sono davvero belle e molto famose. Forse un giorno ci faranno una mostra. Ma adesso basta con questa storia: è successa molto tempo fa. Chi vuole un’altra fetta di pandoro?>>
Molti anni dopo, già adulto, in cerca delle proprie origini, Silvestro andò a visitare di persona quei luoghi tanto cari ai suoi defunti nonni, arrampicandosi su per i tornanti diretti al piccolo e tranquillo borgo siciliano arroccato in cima alla montagna, che tanto tempo prima era stato sede di indicibili e dolorose battaglie impresse per sempre nei ritratti storici dell'audace fotografo di trincea ormai conosciuto in tutto il mondo.
L’autrice vi invita a visualizzare almeno qualcuna delle splendide foto scattate da da Capa a Troina nel 1943, che per motivi di Copyright non sono inseribili in questa pagina (basta semplicemente mettere “Robert Capa Troina” su Google o andare su siti correlati come https://www.comune.troina.en.it/robert_capa.html.)
Fonti consultate:
https://it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Troina
https://www.lagazzettaennese.it/2017/08/74-anniversario-della-battaglia-di-troina-di-fabio-venezia/
https://it.wikipedia.org/wiki/Call_of_Duty_2:_Big_Red_One
https://www.vivienna.it/2013/06/22/un-videogioco-sulla-battaglia-di-troina/#:~:text=“Call%20of%20Duty%202%3A%20Big,con%20la%20sua%20famosa%20battaglia
Grazie, splendido racconto e meraviglioso post. Un saluto
Conosco bene quella storia e quei luoghi. Naturalmente ho visitato anche la mostra fotografica ...
https://inchiestasicilia.com/2018/04/30/retrospective-le-fotografie-del-temerario-robert-capa/
Grazie a te per gli spunti e il commento! Alla prossima!
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