Prima di partire per i consueti mesi di volontariato, il professor Podger soleva essere ospite, in patria, di alcuni programmi televisivi locali. I media gli accordavano un'ottima pubblicità, presentando il coraggioso luminare della scienza, proprietario e direttore di una rinomata clinica privata inglese nonché Grande Maestro Internazionale di scacchi, in procinto di abbandonare, per qualche tempo, le comodità di una vita lussuosa per correre in soccorso di un popolo sfortunato.
Si sentì sollevato quando i due fratelli uscirono dal suo studio. Nonostante non credesse, sia pure giustamente, alla colpevolezza di Alberta, aveva elaborato la sua teoria e l'eventuale sbagliarsi gli sarebbe rincresciuto parecchio. Quale grande scienziato e mente brillante che s'era guadagnato il titolo di Grande Maestro Internazionale di scacchi, non poteva assolutamente incorrere in equivoci. O almeno non più. Non come l'anno precedente, durante i suoi soliti tre mesi annui di volontariato. Ma perché gli eventi incresciosi dovevano verificarsi sempre nello stesso posto e sempre nel periodo dell'anno in cui c'era lui a dirigere il Centro? Fino a poco tempo addietro la sala degli infermieri non conteneva armadietti che potevano essere chiusi a chiave. La struttura non era ancora moderna come lo era attualmente. Le grandi migliorie erano state introdotte all'Arcoiris soltanto da poco, con il denaro delle beneficenze raccolto dalla fondazione durante gli ultimi mesi. farmaci erano stati fino allora conservati tutti indistintamente nel magazzino del seminterrato, mentre ora vi venivano stipati soltanto i sieri per le flebo, contenuti in flaconi troppo grandi per occupare armadietti di ridotte dimensioni. E un brutto giorno era scomparsa dal magazzino un'intera partita di medicinali, la cui mancanza aveva arrecato gravi pregiudizi ad alcuni pazienti. Si trattava di farmaci a base di cannabis per la cura di svariate malattie neurodegenerative. Un infermiere americano, ritenuto da Podger colpevole del fatto, dato che il giorno della scomparsa delle confezioni avrebbe dovuto essere di turno in magazzino, era stato arrestato. Non avendo rinvenuto i medicinali durante la susseguente perquisizione di tutto quanto apparteneva all'americano, la polizia aveva supposto che l'infermiere li avesse venduti ai narcotrafficanti locali. Infatti, nei giorni che seguirono alla sparizione dei farmaci, alcuni agenti avevano rintracciato le confezioni in mano a svariati tossicodipendenti. Dunque per il malcapitato infermiere erano state formulate accuse di gravissima portata: furto aggravato dall'evento, configuratosi nel pregiudizio per i pazienti e favoreggiamento del traffico di droga, che secondo le leggi del paese gli avrebbero fatto scontare una pena di almeno vent'anni di reclusione. Podger ricordava che il ragazzo, mentre la polizia lo portava via, si proclamava estraneo ai fatti, diceva che il giorno in cui erano scomparsi i medicinali non si era neppure avvicinato al magazzino, ma il direttore sanitario non ci aveva creduto. La spiegazione che si era dato e che aveva convinto la polizia calzava perfettamente. Podger aveva considerato il caso già chiuso ed era pronto a ritornare alla normalità, quando invece era sopravvenuto un inaspettato cambiamento. Una settimana dopo l'arresto dell'infermiere americano, il portinaio notturno venezuelano, Héctor Salinas, gli aveva presentato un suo conoscente con la scusa di farlo assumere come portinaio diurno: un uomo singolare di origine francese, tale Augustus Lafayette, il bibliotecario di Habanita. Il regolamento amministrativo della fondazione prevedeva però l'ammissione come volontario dell'Arcoiris soltanto di personale che avesse inviato agli Stati Uniti la propria candidatura, opportunamente vagliata. E come se non bastasse, non contemplava la figura del portinaio diurno. Con la luce del giorno il magazziniere riusciva tranquillamente a sorvegliare l'ingresso dell'Arcoiris pur dal seminterrato e preavvisare dell'arrivo di emergenze utilizzando una linea telefonica interna. Ma prima di riuscire a protestare e negare l'ingresso del nuovo arrivato al Centro, cacciando sia lui che Salinas per tale ardire, Podger aveva ricevuto una telefonata dalla Florida: era il dirigente della fondazione, che lo invitava ad accettare, qualora si fosse presentato all'Arcoiris, il bibliotecario di Habanita come parte dello staff e gli intimava categoricamente di non proferir parola con chiunque riguardo a qualsivoglia attività dell'uomo. Pena l'immediata rimozione dall'incarico di direttore e l'interdizione a tale ufficio nel futuro. Pur non poco contrariato, poichè non certo uso a ricevere ordini da chicchessia, Podger acconsentì. La fondazione non era purtroppo di sua proprietà e perdere l'incarico di direttore sanitario avrebbe significato per lui perdere prestigio. Dunque l'umile bibliotecario, ottimo amico del dirigente amministrativo della fondazione e magari di chissà quante altre personalità di spicco negli Stati Uniti, non era forse un semplice plebeo, come il gran professore lo avrebbe definito. Podger si era reso ben presto conto che l'enigmatico personaggio era arrivato lì solo per indagare sulla vicenda della sparizione dei farmaci, ma non capiva come mai ad Habanita svolgesse una professione per nulla rilevante come quella del bibliotecario. Quantomeno avrebbe dovuto essere il sindaco della città, se davvero era così influente. Fatto sta che nel giro di poche settimane il signor Lafayette era riuscito, chissà come, a far confessare il vero colpevole dell'accaduto, a rintracciare il denaro che i narcotrafficanti avevano pagato a quest'ultimo e a fare arrestare l'uno e gli altri con il conseguente rilascio dell'infermiere americano.
Ps.: immagine gratis Pixabay, autore FelixMittermeier
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