Il bibliotecario francese: cap. IX

in scritturacreativa •  2 years ago 

Adriana era seduta su di una squallida sedia cigolante di un ancor più squallido e sporco ufficio. E di nuovo davanti a lei si trovava il poliziotto chiamato Laurentino, furibondo per la perdita dello stimato superiore, un ottimo tenente. Prometteva di farla pagare molto cara ai suoi assassini.
Fu del tutto inutile spiegare di non avere idea di cosa fosse successo, che il paziente era vivo e vegeto l'ultima volta che lei e Nico l'avevano visto, che non sapeva come fosse morto e che addirittura dubitava che fosse realmente deceduto.
-Ma per chi mi hai preso, per burlarti di me? Per il tuo autista? Borghesuccia insolente! Lo sai cosa succede a chi prova a prendermi in giro? - sbraitava Laurentino con fare arrogante.
-Io e mio fratello siamo soltanto due infermieri volontari, abbiamo davvero a cuore la salute dei malati e li curiamo affinché possano vivere e guarire, non per lasciarli morire- provò Adriana a spiegare, in lacrime.
Ma evidentemente Laurentino non era interessato ad ascoltare spiegazione alcuna. Forse gli era perfino indifferente che i due fratelli fossero colpevoli o meno, anche se affermava di avere prove schiaccianti sulla loro colpevolezza. Adriana pensò che se veramente il tenente Ríos fosse morto, tanto si doveva a causa di qualche complicazione non trattabile e per questo la polizia, alla ricerca di un qualsiasi capro espiatorio diverso dagli insetti responsabili della dengue, se la prendeva con loro. Restava comunque il punto interrogativo sul come la polizia civile fosse arrivata a loro.
-Sempre le stesse storie che raccontano tutti i criminali, ma non ha importanza, dato che voi due marcirete in galera per il resto della vostra patetica vita. I giudici non sono clementi con gli assassini di un poliziotto. Stimavo il tenente Francisco Ríos e per quanto dipenda da me, farò in modo da rendervi la vita impossibile. Tra qualche ora sarai trasferita al carcere di La Pinta, in attesa di giudizio. Tu assieme a quel verme di tuo fratello.
Era un'atmosfera surreale. Adriana non rispose più nulla, rendendosi conto che qualunque cosa avesse detto sarebbe stata inutile. Ora non aveva neanche più lacrime da piangere, sentiva unicamente sconforto, stanchezza e un immenso dolore per la perdita dell'uomo della sua vita. Lei e Nico sarebbero finiti in un’orrida prigione, dove non avrebbe mai più visto Trent.
L'agente Laurentino prese a passeggiare avanti e indietro per l'ufficio, lanciando occhiate intimidatorie all'infermiera portoghese. Il suo viso diventava a ogni passo più paonazzo. A un certo punto si fermò, con lo sguardo sempre posato su Adriana, che provò a ignorare il disagio che quel continuo fissarla le provocava.
-Sarebbe un vero peccato però... - brontolò a bassa voce con aria significativa.-... prima che in gattabuia tu perda la tua bellezza...un peccato davvero lasciarti andare così, senza averti nemmeno assaggiata.
Un'immensa paura s'impadronì di Adriana. Si sarebbe alzata e avrebbe iniziato a correre, non fosse per la consapevolezza di non avere dove andare. Se anche fosse riuscita a uscire da que lugubre ufficio, altri poliziotti l'avrebbero acciuffata nei corridoi del comando. Laurentino l'afferrò per il collo e le avvicinò il suo viso grasso e paonazzo. Adriana non era disposta a lasciare che la violentasse senza lottare. Sapeva di essere troppo piccola e minuta per riuscire a difendersi e senz'altro Laurentino l'avrebbe alla fine anche uccisa, ma non intendeva subire passivamente. Girò il viso per evitare il brusco e grossolano bacio che l'uomo intendeva darle sulle labbra e cercò di divincolarsi dalla presa. Invano. Laurentino l'afferrò più saldamente.
-Mi lasci!- gridò la ragazza.
-Ti conviene essere compiacente con me perché posso essere molto più cattivo di quel che vedi. Qui si fa quello che dico io e se non ti adegui sarà peggio per te.
Adriana cominciò a singhiozzare e gridare. Laurentino alzò una mano e l'avrebbe di sicuro colpita, se la porta di quel lurido ufficio non si fosse spalancata d'improvviso. Il poliziotto cercò subito di ricomporsi alla vista di un uomo anziano e barbuto, certamente un superiore gerarchico, per permettersi un'entrata del genere.
-Mio comandante- farfugliò.
-Che succede, Suárez?- indagò il superiore, con aria sospettosa. Conosceva i vizi di ogni suo sottoposto, ma non aveva mai dispensato nessuno di loro dal servizio perché in zona i poliziotti scarseggiavano e difficilmente avrebbe trovato dei sostituti. Senza neppure una mediocre istruzione, nessuno poteva abbandonare le reti da pesca. Il comandante sapeva che, tra tutti i suoi ufficiali e agenti, Laurentino Suárez era il peggiore in termini di vizi e falle caratteriali, ma in passato si era dimostrato un agente piuttosto capace. Era stato uno dei primi a entrare nel corpo della polizia civile della città, quando lui era ancora un piccolo ufficiale aspirante commissario. Ma i motivi più significativi per cui non gli conveniva inimicarselo erano ben altri. Ultimamente si vociferava che Laurentino Suárez, per aumentare i propri guadagni, avesse iniziato a collaborare con qualche boss malavitoso della capitale, gente pericolosa, in quel momento molto più influenti di qualunque comandante della polizia civile o militare. Tutto quello che poteva fare per impedire ai suoi sottoposti di causare danni consisteva nell'occuparsi personalmente di ogni attività, per quanto gli fosse possibile in termini di tempo. Il che significava ritrovarsi a fare soventi doppi turni e perenni straordinari.
-Nulla, mio comandante. Stavo informando questa assassina che tra poco sarà trasferita nel più vicino carcere con quell'altro criminale del fratello- si affrettò a raccontare l'agente Suárez.
-Non ce n'è bisogno. Lasciala andar via. Ho mandato i tuoi colleghi a liberare il ragazzo- disse il comandante in tono apatico. Laurentino, sbalordito, ebbe un singhiozzo.
-Mio comandante?-. Il disappunto gli si leggeva in faccia, avendo oramai perduto la sua personale preda. Ma non poteva farci nulla, gli ordini superiori dovevano essere eseguiti.
-Posso sapere il perché senza essere indiscreto, mio comandante?
-Certamente- rispose il superiore senza un filo di emotività. -Ho appena raccolto la confessione del vero colpevole, anzi, della vera colpevole, che ha pure affermato di avere agito completamente sola. La confessione scagiona i due ragazzi e l'assassina è già in viaggio per il carcere di La Pinta, in attesa di giudizio.
-E' sicuro, mio comandante?- chiese Laurentino con un filo di voce, in una sottile benché vana speranza di poter trattenere Adriana. Stavolta il barbuto superiore si alterò. -Osi dubitare della mia parola, Suárez? Non mi starai dando del bugiardo?
-Chiedo umilmente perdono, mio comandante, è solo che la notizia mi è arrivata inaspettata.
-Si, lo vedo- brontolò l'anziano, decisamente arrabbiato.
-Signorina Mascarenhas, può andare, è libera- sospirò tristemente Laurentino.

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