The last resort

in ita •  4 years ago 

Quel dépliant, ormai scolorito che aveva letto e riletto almeno mille volte, raccontava di una meravigliosa avventura indonesiana. Un’avventura in un’isola deserta fuori dagli schemi ordinari del solito e inflazionato villaggio turistico delle Maldive, un resort lontano dalle mete tipiche, al limite del brivido e della sicurezza, ma dotato di ogni comfort, una vacanza molto apprezzata dagli amanti del mare e del relax.
“Ci si muoverà in barca d’isola in isola… Avercela una barca”, commentò ad alta voce Luigi.
L’isola del dépliant, che i pescatori maldiviani definivano il più bello degli atolli, era molto simile al suo d’isolotto: un piccolo anello corallino con una ricca vegetazione centrale che non aveva nulla da invidiare a quello descritto dall’agenzia di viaggio. Il sole, i coralli, i pesci da guardare e da mangiare, le palme, i cocchi, la sabbia bianca, le enormi tartarughe, i granchi e quegli strani uccelli mai visti, ora Luigi li aveva tutti e solo ed esclusivamente a proprio uso e consumo. Tutto meraviglioso. L’isola, ribattezzata da lui “il suo porco mondo”, era un posto mistico, romantico ed emozionante per lui amante delle immersioni e dello snorkeling, ma nello stesso tempo angosciante e spaventoso per un uomo solo: isolato dal mondo e fuori dal tempo. Passata la paura, per l’atterraggio di fortuna e il successivo schianto al suolo, arrivò la disperazione seguita dall’angosciante consapevolezza di trovarsi su un’isola deserta: senza alcuna possibilità di chiedere alcun tipo d’aiuto. Ma quello che bramava veramente a Luigi, dopo un mese d’isolamento vissuto nella speranza dell’arrivo dei soccorsi, erano una birra ghiacciata e una doccia con tanto sapone. Era esausto e il suo rapporto individuo ambiente era al limite della sopportazione umana. Con un gesto di stizza strappò e lanciò il volantino nel falò, maledicendo la réclame sul retro: la natura sola sarà la compagna vera di questi quindici giorni di vagabondaggio.
“Li ho superati da un bel po' quindici giorni. Sarò destinato a vivere e morire qui. Magari passerò le mie giornate a scavare cercando qualche tesoro. Tempo a disposizione non manca in questo porco mondo”, commentò sconsolato alimentando il fuoco sul quale arrostiva un pesce.


Last resort Mauro corciulo @_kork1975_.jpg
(https://www.instagram.com/kork1975/)

Da giorni un’idea gli frullava per la testa: voleva un tetto sotto cui dormire. Tarli e insetti divoravano troppo velocemente lui e la sua capanna di frasche, inoltre strani animaletti, forse topi, facevano razzia tutte le notti delle scorte di cocco. Era stanco e non ne poteva più. Quella calda notte, dopo aver arso il dépliant, non la passò al riparo delle fronde di palma, ma in riva al mare; si addormentò sotto un cielo stellato immaginando il domani: una casa da costruire all’interno dell’isola strappando uno spazio tutto suo alla lussureggiante vegetazione. Per la nuova dimora impastò mattoni di fango, modellati con fatica dal terreno dell’atollo, raccolse pietre e coralli e smontò i pezzi del piccolo biplano (la carlinga e le pesanti ali) trasportandoli dalla battigia al suo “cantiere”. Finalmente, felice, mostrò a sé stesso la sua nuova dimora, non una capanna, ma una vera abitazione di “mattoni” e tetto in lamiera.
Luigi era orgoglioso della sua "scatola di fango", sicuramente più comoda della capanna di frasche e soprattutto niente più scorribande di animali e insetti.
“Maledizione! Ora si che ci vorrebbe una birra”, commentò rabbioso lanciando una noce di cocco a un piccolo roditore curioso.


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