La vicina

in ita •  4 years ago 
Da oltre trent’anni Silvio andava in villeggiatura nella stessa località. A parte il fatto che il piccolo paesino sull’appennino gli piaceva, l’uomo si reputava ormai troppo vecchio, per cambiare località, magari scegliendo per una volta il mare al posto della montagna. Da buon abitudinario sapeva già che avrebbe trovato tutto immutato come ogni estate: paese, persone, condominio con giardino, alberi e fiori. Da quindici anni la sua vicina era la signora Elvira che aveva esattamente la sua stessa età e che faceva la stessa vita metodica, solitaria e raccolta che faceva lui. Più che un condominio le loro erano delle belle villette a schiera bifamiliari a ingresso indipendente dotate tutte di un ampio spazio verde. Il giardino di Elvira confinava con il suo. La porzione di prato di Elvira aveva bel un albero di prugne. Sotto l’albero, Elvira, seduta su una vecchia sdraio riparata dal sole passava ore intere. Per tutto il mese d’agosto Silvio vedeva Elvira camminare nel suo giardino, leggere seduta sotto l’albero di prugne, e lavorare a uncinetto. Da quindici anni Elvira chiacchierava con Silvio, ma solo brevi conversazioni per non turbare troppo il loro desiderio di quiete. I familiari di Elvira, figli e nipoti, erano lontani, al mare; i familiari di Silvio erano ancora più lontani e più quieti, erano tutti al cimitero. Silvio era solo, non aveva che un piccolo volpino di nome Rocky. Il giardino era il regno di Rocky. Il cagnolino passava tutto l’anno in città, chiuso nel bilocale di Silvio, e così il prato, i fiori, le siepi e le frasche del mese di vacanza nella villetta di montagna erano la sua gioia e quella di Silvio nel vederlo felice a correre a perdifiato. Dalla veranda l’anziano villeggiante contemplava un cipresso, due pini slanciati, un roseto e un fico secolare le cui radici sporgevano dal terreno. Silvio conosceva tutte le luci che il lento passare delle ore estive mettevano nel giardino; conosceva ogni fiore, ogni cespuglio e così ogni anno poteva dire di quanto era cresciuta la siepe di gelsomini confinante con il prato di Elvira o quante foglie nuove aveva messo il fico. La sua amica Elvira era un po' sovrappeso, ma ancora agile nonostante gli acciacchi degli anni; ed era una figura familiare per lui, come era familiare la sua voce e il suo sorriso. Silvio sapeva già le parole che gli avrebbe detto, nulla mutava rapidamente ormai nella sua vita e in quella di Elvira, e ogni anno ritrovava nella sua bocca gli stessi discorsi. Aveva visto mutare soltanto il suo gatto rosso. Da piccolo che era, si era fatto prima robusto, grosso, malizioso e forte, poi a poco a poco si era impigrito, ed era diventato tranquillo e vecchio come la sua amica: come lui. La mattina successiva al suo arrivo, ch'era avvenuto di sera, l’anziano andò nella veranda e restò di stucco lanciando lo sguardo oltre la siepe di gelsomini. La casa di Elvira era stata ristrutturata, erano stati fatti degli abbellimenti: intonaco, pittura alle persiane, pavimentazione nuova alla terrazza e una profusione di vasi magnifici con splendidi fiori in odore di vivaio. Poltrone da giardino con grandi cuscini, due sdraio, un gazebo verde, un divano altalena e un moderno tavolino con le rispettive sedie, completavano lo spazio sottostante all’albero di prugne. Tremò: “Elvira…? Dove sarà Elvira?” Si guardò in giro con circospezione e con rammarico constatò che la sua amica non c’era. Telefonò al padrone di casa che gli diede la triste notizia: Elvira era morta in primavera per un male incurabile. “Ci saranno ragazzi e ragazze del giorno d'oggi, è finita la mia pace”, disse Silvio allo scodinzolante Rocky, scrutando oltre la siepe immusonito e intristito per la brutta notizia appena ricevuta. Ma non poteva stare lontano dalla sua veranda, dal suo belvedere e dal suo luogo di frescura e così si mise di guardia nell’attesa di scoprire chi fossero i nuovi vicini.

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Immagine CC0 creative commons

Era giovane, agile, sportiva bella e soprattutto sola. Ne fu contento. “Almeno vedrò una faccia fresca”, pensò Silvio. Cercando di non mostrare la sua curiosità, guardò con circospezione. La donna poteva avere venticinque o trent’anni, era sdraiata sul lettino a prendere il sole. Anche se erano passate da un pezzo le undici del mattino era ancora in vestaglia. Una vestaglia bianca di stoffa ariosa con pizzi e dietro ai grandi occhiali da sole aveva un'aria pigra, quasi annoiata. Non era truccata e la sua bellezza aveva odore di sonno, era tutta morbida e voluttuosa. Si accorse di guardarla con piacere. E quando la donna, fumata una sigaretta, si raccolse i lunghi capelli mori per rientrare in casa, Silvio si sentì pervadere da un senso di solitudine, ma in quel momento Rocky abbaiò attirando l’attenzione della donna che puntando il viso verso di lui le sorrise. Le sorrise anche Silvio; le avrebbe mandato, se avesse osato, un bacio sulla punta delle dita, per galanteria, ma rispose con un timido: “Buongiorno…”. Da quel momento incominciò per l’anziano una villeggiatura di contemplazione. La giovane vicina non faceva rumore, non parlava mai al telefono ad alta voce, non riceveva visite e in casa non risuonavano ne radio o televisori ad alto volume. Pure senza rumore, conduceva una vita, piena di movimento: al mattino terminate le pulizie di casa, prendeva il sole in veranda, fumando, leggendo un libro, o immersa nel suo smartphone, nel pomeriggio usciva in tenuta ginnica per una passeggiata nei sentieri e alla sera era sempre molto elegante, con dei deliziosi abiti estivi, scollati e dai colori vivaci. Silvio dopo due settimane conosceva tutti i suoi vestiti e certuni gli piacevano di più; ogni sera diceva a Rocky: “Speriamo che oggi metta quello azzurro a fiori; speriamo che oggi si metta la gonna blu”. Quando indossava un vestito nuovo lo studiava in tutti i particolari. A forza di guardarla vivere riusciva a capire dove andava quando usciva, e che cosa faceva fuori di casa. Capiva se andasse a fare una passeggiata o delle commissioni. Come lui la sua misteriosa vicina non andava mai in luoghi pubblici o in paese e questo lo riempiva di compiacenza; voleva dire che la vicina sdegnava ritrovi, balli, gente e frastuono: amava come lui, la vita tranquilla seppure attiva. Da un paio di giorni però la giovane rincasava a tarda notte con pacchetti e pacchettini. Prima di entrare in casa si sedeva sotto il gazebo e si divertiva' come una bambina a disfare i pacchetti estraendoli da uno zainetto. Si divertiva anche Silvio: nascosto a spiarla nell’ombra della notte. Da lontano Silvio non riusciva a vedere ciò che la donna cavava dalla sua borsa, ma fantasticava sul contenuto: “Caro Rocky, saranno regali d’ammiratori e spasimanti. Oppure la nostra vicina di casa è una “Lupin” in gonnella? E se quella fosse la refurtiva di qualche suo colpo? Siamo ignari di tutto, dobbiamo indagare”.

Con questo racconto partecipo a : theneverendingcontest
n° 94 S4-P9-I2 – Contest
Il tema e l'ambientzione sono quelli proposti da @piumadoro, vincitrice del contest n ° 93 S3-P9-I2:
Tema
Il mio strano vicino di casa
Ambientazione
Condominio

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  ·  4 years ago  ·  

Un altro racconto molto ben fatto scaturito dalla tua fantasia! Sono contenta di poter leggere nuove storie. Alla prossima!

  ·  4 years ago  ·  

Grazie 👍