Un dolce odore di frittelle andava incontro a Simone mentre si avvicinava al suk. Una melodia araba usciva da un negozio di musicassette, un suono che si mescolava agli inviti cantilenanti a bassa voce dei mercanti che lo invogliavano a visionare la loro merce, per poi tentare d'instaurare quell'antico rito del mercanteggiare sul prezzo. Era la prima volta che da solo, senza i genitori, si addentrava nell’affascinante e misteriosa casbah: una rete intricata di viuzze fiancheggiate da fitte botteghe e da laboratori di artigiani. L'esplorazione del suk era un richiamo affascinante per il giovane Simone e, complice la fine della scuola, quella mattinata di libertà la dedicò a vagare tra le bancarelle del mercato. Dove iniziava la casbah c’era una piantina per orientare il visitatore, un tracciato che distingueva la zona dei profumi da quella della frutta, delle calzature, dei cesellatori, dei tappeti, ma a lui non servì e si fece guidare dall’istinto, una sola regola: restare sulla via principale da dove era entrato. Alla fine, distratto da un canto improvviso che proveniva da dietro una svolta, si perse. Un bambino uscendo di corsa da una porticina di una bottega dai colori vivaci cadde ai suoi piedi. Simone aiutò il bimbo a rialzarsi e vide, attraverso l’apertura, un bar; attratto si diresse verso quel luogo a lui sconosciuto all'ombra fresca dei porticati.
Con suo grande stupore, al suo passaggio, alcuni mercanti misero in prima fila saponette nostrane, detersivi in sacchetti di plastica e souvenir turistici, ma lui tirò dritto salutando gentilmente. Eccole, le babbucce da mille e una notte, intessute con fili d'oro e d'argento: ne provò un paio tra le gabbie per uccelli ed era tutto un volteggiare di simpatici pennuti. Lì seduto tra le ceste di ogni forma e dimensione, fatte con foglie di palma essiccate, esaminò i tappeti di lana annodati a mano, dai colori caldi e accesi e si promise di portare sua madre la prossima volta: doveva assolutamente vederli; le sarebbero piaciute anche le anfore, le brocche, i boccali in rame sbalzato, le teiere e i cancelletti con le grate in ferro battuto che rivelavano sapienti lavori di cesellatori. Si diede un obbiettivo, voleva fare un regalo, e così abbandonò gli artigiani e si mise a cercare tra le essenze aromatiche. Fragranze distillate dai fiori con procedimenti arcaici, penetranti e indelebili, da usare in casa, sulla persona o per aromatizzare tutte le bevande, compreso il caffè. Quindi passò in rassegna le sostanze per il trucco femminile, poi i gioielli in oro e argento: spille, bracciali, catene e anelli dalle fogge più fantasiose. Intento a perdersi tra i mille colori e a scegliere un pensiero che si intonasse agli occhi azzurri e ai capelli biondi di sua cugina Rebecca, che l’avrebbe raggiunto presto dall’Inghilterra, restò colpito da altri splendidi occhi color ambra intonati a dei neri capelli ricci. Fissò attentamente quella ragazza con Il naso all'insù e la piccola bocca color porpora. La sua pelle era bianca, cosparsa di lentiggini. Probabilmente aveva utilizzato del fard, perché i suoi zigomi erano ben pronunciati. Il suo carattere arguto si notava dalla capigliatura riccioluta e da quei ciuffi che le cadevano sugli occhi oltre che dalla sua sinuosa andatura, l'indolenza e lo scatto, la cautela e l'ardire propri dei felini.
“Mi chiamo Carmen”, esordì la ragazza guardandolo con occhi di fiamma.
Simone, certo di averla conquistata, ricambiò l'intenso sguardo e rispose:
“Il mio nome è Simone… Perché ridi?”Domandò il giovane che in quella risata sardonica vide naufragare le sue illusioni di conquistatore amoroso.
“Il tuo passato e l'avvenire sono scritti lì, sulla mano del cuore”, rispose la ragazza in un francese stentato, ma con aria seriosa.
“Porgimi la mano del cuore, io leggerò il tuo passato e l'avvenire”
“Leggimi piuttosto il presente!” Le rispose il giovane con aria sfottente.
“Impossibile!”Esclamò la ragazza con aria grave.
“Il presente è come la pagina di un libro nell'attimo in cui si volta: non si può leggere”.
Tenendo stretta nella sua mano la sommità delle sue dita, puntò lo sguardo dritto sulla palma rovesciata, rigidamente tesa e tutta solcata dall'intrico delle linee.
“Tu sei un vagabondo come i beduini del deserto…”Le disse, dopo essere rimasta qualche istante china e assorta come una spia sopra un documento segreto.
“Viaggio parecchio seguendo il lavoro di mio padre. In effetti sono un vagabondo”, affermò sorridendo.
“Sei un tipo molto curioso…”
“Dove leggi queste informazioni?”
“Sulla linea della vita. La tua linea della vita è molto lunga e sinuosa come chi va' torna, cerca e trova…”
“Brava!” Rispose, ed ella aggiunse:
“E tu cerchi un amore che non trovi, perché, come un uccello migratore, esso non ha nido…”
Pronunciò queste parole con voce rauca e accarezzante, insieme.
La sua piccola bocca porporina, lasciò vedere, parlando, una fila di denti aguzzi e bianchì.
Le palpebre si agitarono a lungo come farfalle nere sul riflesso metallico degli occhi e il suo corpo si bilanciò con indolenza di dietro in avanti, davanti in dietro, e poi si tirò come quello d'un felino accarezzato da dita invisibili e continuò:
“Ora leggo che il tuo amore ha gli occhi blu come le onde del mare e capelli color oro, una voce diversa dalla tua, e presto ti sarà vicino. Ma è un amore Impossibile e segreto”
“E tutto questo”, la interruppe tentennando.
“Leggi ancora tutto questo nella mano?”
La ragazza lasciò cadere di botto la sua mano e puntò il dito verso i suoi occhi, ed esclamò:
“Lo leggo lì!...” Simone rimase un po' turbato a guardarla, mentre gli indicava il cuore.
Con questo racconto partecipo al:
theneverendingcontest n° 122 S2-P5-I3 - Contest
The topic and situation are choosen by @jadams2k18, winner of the previous week:
Topic
Love
Context
Market
Saluti by kork75
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Grazie!