Il museo

in blurtcontests •  4 years ago 

Nei corridoi semibui del palazzo del congresso di Roma2 gli oggetti colpiti dai fasci di luce apparvero magicamente lungo le pareti: antiche anfore romane, preziose collane ottocentesche, ossi di dinosauri di milioni di anni fa e bizzarre statue sumere. L'istinto era di toccarli, ma tra le mani Giuseppe sentì solo una sottile lastra di vetro. La piccola Domitilla, dall’alto dei suoi cinque anni, allungò la manina. La bambina restò delusa: dietro l'inafferrabile lancia inca solo un sottile fascio di luce e poi il muro.
“Tesoro… Sembra impossibile vero? Quegli oggetti non sono reali come appaiono”, spiegò con un ghigno Giuseppe accarezzandogli amorevolmente la testina bionda.
“Papà guarda un orso!” Esclamò la piccola euforica per poi ritirarsi tra le gambe del padre appena il grizzly lanciò il suo ruglio mostrando lunghi denti insanguinati.
“Tranquilla Dori. Sono immagini, fatte di luce, realizzate su con una modernissima tecnica. Ologrammi con caratteristiche di solidità e spazialità dell'oggetto vero o in questo caso di un'orrenda belva che quindi è finta”, cercò l'uomo di rassicurare la figlia, ma si vide costretto a prenderla in braccio per tranquillizzarla. L’orso sparì e al suo posto apparve un colorato pavone.


Hologram, Galaxy, Aliens, Planets, Futuristic
Immagine CC0 creative commons

La mostra, “Olografia: Arte e scienza del 2000”, organizzata dall'Accademia delle scienze terrestri, era arrivata a Roma2, dopo essere stata in giro per le maggiori metropoli europee. Giuseppe l’aveva considerata interessante perché presenta ologrammi di oggetti, animali e personaggi famosi appartenenti alla storia e all'infanzia dei suoi trisavoli. Sin da piccolo, dai tempi delle elementari, era affascinato dal Museo dei tesori storici e così aveva pensato che anche la sua piccola sarebbe rimasta stregata da quella grandiosa esposizione itinerante, ma non aveva fatto i conti con il grizzly. Lasciati indietro i predatori della foresta padre e figlia passarono dai reperti archeologici del paleolitico, all'arte bizantina, dell'oreficeria dei secoli Xll-Xlll d.C. all’artigianato italiano del XX secolo, ai tesori degli zar e dei grandi imperatori cinesi, ma più che le eccezionali testimonianze del ricco patrimonio artistico, alla piccola colpì la loro immagine olografica.


Grizzly, Bear, Kodiak, Head, Portrait, Nature, Predator
Immagine CC0 creative commons

“Sembra un gioco di prestigio”, affermò una delle tante guide che accompagnano i gruppi in tour guidati. La guida spiegò che la tecnologia degli ologrammi arrivava da molto lontano e che il primo metodo rudimentale per produrre quelli immagini era stato inventato dal fisico ungherese Dennis Gabor, Nobel per la fisica 1971. Da quel giorno in poi quest'immagine rivoluzionaria aveva ormai invaso molti settori della vita moderna, comprese l'arte e l'archeologia.
“Signora guardi quella brocca", disse la guida, mostrando uno splendido vaso Ming, luminoso ma impalpabile, che affiora da una lastra.
“Vuol vedere dentro?” Chiese l’uomo e a un cenno d'assenso della donna, la guida sollevò la mano in alto, ed ecco la brocca si inclinò in avanti per mostrare il suo interno.
“E tu bambina… Questo cavallino, lo vuoi vedere anche dietro?”, continuò la guida rivolgendosi a Domitilla. Al cenno affermativo della piccola l’uomo si rivolse a Giuseppe:
“Si sposti a destra e a sinistra della lastra e provi”.
Ecco i piedi, le gambe di un cavaliere a cavallo, posti sopra il raffinato orologio del Big Ban di Londra per poi volare in picchiata e passare sotto il Tower Bridge galoppando sul Tamigi che per incanto si profilò davanti a loro proprio come se fosse tutto reale.
A Domitilla tornò il sorriso dimenticandosi del grizzly. La bambina, un po' smarrita, cercò di capire il fenomeno, ma tra lo stupore generale dei presenti apparve un verdastro e fosforescente ragazzino con un cane robot che ondeggiò a ritmo di musica rap lasciando la piccola a bocca aperta.
“Sono sempre io”, sorrise l'esperto del museo, facendo muovere orizzontalmente il proiettore olografico a ritmo di musica.
Nemmeno il tempo per ammirare le prodezze hip-pop del rapper che ecco subito un'altra stranezza: due ragazzini apparirono sospesi nella stanza.
“No, non è un fenomeno paranormale”, spiegò l'addetto al museo, era il negativo dell'ologramma.
“Di ciascuno esiste il negativo e possiamo farne migliaia di riproduzioni”.
Certo l'ologramma era una gran bella invenzione e anche divertente che poteva davvero sostituire un oggetto, o fare sognare Domitilla di correre nei prati con gli unicorni (eh sì la piccola provò anche quello) o riportare sensazioni passate a Giuseppe generando in lui meraviglia, stupore, ma con tutti i suoi effetti di corposità e visibilità, sfuggiva al tatto, all’olfatto e al gusto, così, forse anche per quello, la bambina si rivolse a Giuseppe:
“Papà ci prendiamo un gelato?”
“Vuoi andare a casa?”
“Sì, ma prima il gelato”.


Colorful, Prismatic, Chromatic, Rainbow, Polygon
Immagine CC0 creative commons


Con questo racconto partecipo a:
theneverendingcontest
n° 119 S4-P4-I3 - Contest

The topic and situation are choosen by @piumadoro, winner of the previous week:

Topic
Holograms
Context
Future

Saluti by kork75

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